L’agrobiodiversità si è ridotta drammaticamente negli ultimi decenni. Se prima venivano coltivate circa 7000 specie di piante, oggi a livello globale rientrano nell’alimentazione quasi solo 80 specie. Quale indicatore della sicurezza alimentare deve essere ristabilita l’agrobiodiversità. Il nuovo rapporto dell’Accademia svizzera di scienze naturali (SCNAT) in collaborazione con i/le ricercatori/trici del Centre for Development and Environment (CDE) dell’Università di Berna ha dato evidenza della diminuzione e delle sue conseguenza, suggerendo possibili misure applicabili dalla politica e dall’economia.
La globalizzazione dell‘industria agricola, l’omologazione e regolamentazione delle derrate alimentari hanno contribuito alla riduzione dell’agrobiodiversità. La metà delle calorie di origine vegetale è fornita da sole tre specie: riso, mais e frumento; il 93% della carne proviene da maiali, polli, bovini e bufali. In diversi paesi si riscontra lo stesso fenomeno: nella Cina degli anni `70 si coltivava solo il 10% delle 10’000 varietà di frumento presenti nei campi negli anni `40. L‘85% della diversità delle varietà di mele, cavoli, mais, fave, pomodori è andato perso dal 1904 al 2000 negli USA. Lo stesso vale per la diversità di razze. Un esempio europeo riguarda la razza Holstein che rappresenta il 60-80 % di tutte le vacche da latte.
Protezione dai fenomeni meteorologici estremi, da insetti e malattie
L’agrobiodiversità è fondamentale per la sicurezza alimentare. Coltivare e allevare diverse specie, varietà e razze di piante e animali previene i rischi di fenomeni meteorologici estremi, insetti e malattie. La coltivazione e il consumo di un’ampia paletta di vegetali locali, insieme a specie selvatiche, assicurano un’alimentazione sana. La medicina trae dozzine di principi attivi come l’aspirina e alcuni nuovi antitumorali in parte o del tutto da piante selvatiche e coltivate. Le aree di maggiore agrobiodiversità sono responsabili della regolazione del ciclo dell’acqua, offrono le condizioni per la vita di impollinatori come api e farfalle e per altri animali che possono avere ruoli importanti come insetti ausiliari.
Le piccole e medie aziende custodiscono l‘agrobiodiversità
Le piccole aziende agricole che spesso resistono attorniate da monoculture, producono con il 24-28 % della superficie agricola la metà delle calorie. Sono designate per questo motivo a indicare la via di un sistema alimentare sostenibile conservando pratiche tradizionali di conduzione aziendale.
Una politica della diversità contro l’omologazione
Il destino delle piccole e medie aziende agricole è strettamente legato all’agrobiodiversità. In questo senso il rapporto indica alla politica di assicurare la produzione agroalimentare sostenendo le aziende agricole che permettono all’agrobiodiversità di svilupparsi. Si tratta di sostituire il paradigma dominante nel 20. secolo dell’omologazione con il paradigma della diversità nel 21. secolo, partendo da un sistema globale basato sull’accesso e lo scambio libero di semi. La Svizzera detiene una responsabilità particolare in quanto le multinazionali dell’agroalimentare, del commercio e della chimica agricola, dei semi hanno la sede nel nostro paese. Il crescente potere dell’agroindustria è centrale: il loro modello dipende dall’estensione del sistema alimentare delle monoculture, la minaccia più diretta all’agrobiodiversità. In questo rapporto l’attenzione è posta sulle razze e varietà, le specie selvatiche a loro vicine come pure le prestazioni ecologiche della produzione agroalimentare. Per agrobiodiversità s’intendono tutte le componenti che sono rilevanti per l’alimentazione e l’agricoltura, e tutte le componenti della diversità biologica, che è parte integrante di ecosistemi e agro-ecosistemi. La diversità e variabilità di animali, piante e microorganismi a livello genetico, di specie e di ecosistema che è una funzione chiave degli agroecosistemi, della loro struttura e dei loro processi (COP, CBD 2013).
Il rapporto è stato elaborato dalla Commissione del partenariato di ricerca con i paesi in via di sviluppo (KFPE) e il Forum per la biodiversità Svizzera della SCNAT in collaborazione con il team di ricerca del Centre for Development and Environment (CDE) dell’Università di Berna diretto dal Prof. Dr. Stephan Rist. Hanno partecipato anche esperti internazionali di ONG, università europee e della DSC.
Fonte: SCNAT
Il rapporto completo è disponibile in francese e in tedesco.